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Cina: il Governo rinnova la licenza a Google e arresta gli ambientalisti tibetani

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Il Governo della Repubblica Popolare Cinese ha rinnovato per un anno la licenza al motore di ricerca Google. Fatto che senza dubbio rappresenta un (piccolo) passo verso la libertà, ma per ottenerla il colosso della ricerca ha dovuto accettare molti compromessi.
Contemporanemanete in Tibet il regime cinese ha condannato a 5 anni di carcere l'ambientalista tibetano 44enne Rinchen Samdrup per aver denunciato comportamenti anti ambientalisti alcuni dirigenti cinesi.

Come è noto per poter essere raggiungibile degli utenti Cinesi Google ha dovuto operare una forte censura sui risultati delle ricerche. Nello scorso marzo però Google ha iniziato ad aggirare la censura, reindirizzare il traffico di google.cn al proprio dominio di Hong Kong google.com.hk.
In navigatori cinesi hanno quindi finalmente potuto vedere ad esempio anche le pagine dedicate al Dalai Lama o alla protesta di Piazza Tien An Men, fino a quel momento precluse.

Inutile dire che il Regime Cinese non ha gradito la mossa di Google, con conseguenti polemiche, tanto che Google ha dovuto, per ottenere il rinnovo della lienza per operare in Cina, effettuale una parziale marcia indietro.

La scorsa settima l'accordo è stato raggiunto: la licenza è stata concessa per un altro anno e Google reindirizzerà verso Hong Kong solo una parte dei propri visitatori.

Non è un caso che solo atteaverso al rete, e nello specifico grazie a Twitter il mondo sia venuto a sapere della condanna di Rinchen Samdrup. È stata infatti la moglie dell'uomo ad informare l'opinione pubblica mondiale della condanna attraverso il noto social network.

I giudici hanno dichiarato Samdrup colpevole di "incitamento al separatismo" per aver pubblicato sul suo sito un articolo sul Dalai Lama.
Samdrup era a capo di una ong ambientalista che riusciva a mobilitare oltre 1.700 persone del posto, per dedicarsi al rimboschimento della zona e combattere la caccia di frodo. Samdrup è il terzo componente della sua famiglia ad essere messo in prigione, già condannati anche i suoi fratelli.



di Michele Pinto
vivere.me/michelepinto






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