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Danilo Costanzi, vittima dell''Anti-mafia'

Arrestato da incensurato nel 2007 il giorno del suo compleanno, il 16 giugno, con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso e sottoposto a regime 41bis. Assolto un anno dopo perché “il fatto non sussiste”. Nel frattempo, però, ha perso tutto: le aziende che curava in qualità di imprenditore e la compagna che amava.
Ora, a distanza di tre anni, il calvario di Danilo Costanzi, 42 anni, residente a Civitavecchia, non è ancora finito: rimettere insieme i cocci di una vita che non c’è più non è semplice. E complicato è ora, per lui, anche cercare di ottenere il risarcimento per l’ingiusta detenzione subita, in relazione alla quale viene riconosciuta una cifra molto al di sotto del reale danno subito.
“Sto cercando – dichiara Danilo Costanzi – di ricostruire la mia vita passo dopo passo ma il trauma subito è troppo grande. Nel frattempo mi sto muovendo per fondare l’associazione “vittime dell’antimafia”, perché altri non si trovino a vivere ciò che io ho vissuto”.
Tutto ha avuto inizio il 16 giugno 2007 quando Costanzi, rientrando a seguito di una telefonata della madre, che gli riferiva della presenza dei carabinieri sotto casa, ha visto d’improvviso e senza spiegazioni scattare per lui le manette.
L’arresto è avvenuto nell’ambito dell’operazione “Nerone”, con assoluzione piena il 10 giugno dell’anno successivo, essendo stata ravvisata per Costanzi la totale estraneità ai fatti.
Per 47 giorni l’uomo è stato sottoposto al regime di 41 bis, al quale si è andata a sommare un’altra settimana di “alta sicurezza” nell’attesa dei domiciliari, poi concessi con obbligo giornaliero di firma.
“In tutto questo – commenta Costanzi – l’unica certezza alla quale potevo aggrapparmi con forza mentre la mia vita andava in pezzi era quella della mia innocenza. Non ho potuto più vedere i miei figli adottivi, che vivono in Slovacchia, dove risiedevo da anni. La mia vicenda ha traumatizzato i bambini e la loro mamma, la mia compagna, la quale ha ricevuto anche cure psichiatriche”.
Per dieci lunghi mesi Costanzi non ha potuto infatti fare rientro a Trnava, il paese della Slovacchia dove aveva costruito la sua vita, perdendo le attività che aveva messo su in qualità di imprenditore, la casa, per la quale aveva acceso un mutuo d’acquisto e la compagna ed i suoi figli, ai quali, da quattro anni, faceva da padre.
“Essere inquisito per mafia – aggiunge Costanzi –, da onesto cittadino quale sono, mi ha fatto sprofondare nella disperazione più assoluta. Non riesco ancora a riprendermi né a ricollocarmi nella società. In tutto questo la mia ormai ex compagna è stata cacciata di casa e affidata alle cure dei servizi sociali. Io ero per tutti un mafioso. Ho perso tutto per niente e quando si è onesti è enormemente difficile ricominciare a vivere. La mia vicenda ha purtroppo avuto gravi ripercussioni anche per i miei genitori, ai quali chiedo scusa anche se non dovrei essere io a farlo”.
L’arresto nell’ambito dell’operazione Nerone è avvenuto a seguito di alcune intercettazioni ambientali eseguite nel corso di una notte trascorsa ad appendere manifesti inerenti le elezioni amministrative. Altre persone inquisite contestualmente a Costanzi sono state condannate. Ma lui, alla vicenda, è risultato essere completamente estraneo.
L’assoluzione arriva per mano del giudice per le indagini preliminari Renato Laviola. “Un giudice – ha dichiarato subito dopo l’assoluzione Costanzi – per il quale nutro il più profondo rispetto”. E ora? “Trascorsi più di tre anni dalla vicenda – conclude Costanzi – le uniche manifestazioni di solidarietà le ho ricevute dalla Slovacchia. La mia vita è ancora in pezzi e sto avviando la causa di risarcimento per l’ingiusta detenzione. Il mio obiettivo è ora quello di fondare l’associazione “vittime dell’antimafia”, perché altri onesti cittadini come me non si trovino ad attraversare il mio stesso calvario”.

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