SEI IN > VIVERE ITALIA > CULTURA

articolo
Libri e cultura: ¡Viva la vida!

4' di lettura 16115

Con poche ma intense parole Pino Cacucci riesce a narrare nel suo libro ¡Viva la vida! (Feltrinelli, 2010, 77 pp.) la storia emozionante di Frida Kahlo. Pittrice messicana della prima metà del Novecento, costretta a convivere per tutta la vita con una malformazione congenita e con i postumi di un incidente tremendo che la rende invalida e la priva per sempre della possibilità di avere figli, Frida è l’emblema di una donna che lotta disperatamente contro la morte, per assicurarsi, seppur in un’esistenza tormentata e difficile, qualche momento di rara serenità.

La morte è dietro l’angolo per la protagonista del libro, che cerca in tutti i modi di sfuggirle, grazie alla vicinanza delle persone care e soprattutto grazie all’esperienza dell’amore. Un amore travolgente quanto contraddittorio, che la coinvolge completamente ma allo stesso tempo la lascia spesso soffrire nella solitudine del tradimento subito. Un amore che si scopre e si svolge sullo sfondo dell’esperienza artistica: Diego Rivera, l’amante (e poi marito) di Frida, è infatti un famoso “muralista” che associa all’arte una valenza sociale, che cerca di spiegare con le immagini il dolore di un popolo.

L’opera di Cacucci di fatto non è un vero e proprio romanzo, quanto piuttosto un monologo teatrale, con indicazioni precise per la recitazione e didascalie adeguate. Le parti in cui è diviso il monologo seguono in maniera irregolare le vicende biografiche della protagonista, lasciando che sia il ricordo a sistemare con un ordine non necessariamente logico (e cronologico) le esperienze vissute e le sensazioni provate. Ecco perché l’autore usa un linguaggio diretto, come potrebbe essere quello di chi ormai non ha più tempo di indugiare nelle parole o in una risistemazione razionale del materiale: la Frida che parla è infatti quella che sta per essere sconfitta materialmente dalla morte che per anni ha combattuto, con la quale per anni ha convissuto. Un linguaggio che coglie quindi nel segno perché riesce a toccare con immediatezza le problematiche più ossessionanti della nostra eroina: il dolore fisico dovuto alla malattia, l’amore/odio con Diego Rivera e i tradimenti reciproci, ma soprattutto la paura di una esistenza resa inutile da una vita purtroppo mutilata, nel corpo e nello spirito. Lo stile di Cacucci tocca il cuore del lettore con momenti di estrema semplicità e con pagine di profonda introspezione psicologica. Il lirismo di cui il monologo è intriso deve la sua origine anche ad una commistione profonda con la musica. […] qualche anno fa – afferma l’autore nella postilla al monologo – l’amico musicista Andrea Centazzo mi ha proposto di scrivere un copione teatrale per quattro personaggi […]; le musiche di scena le avrebbe composte lui. Un progetto ambizioso che purtroppo non ha avuto seguito, nonostante l’impegno del produttore Maurizio Feverati. E siccome non mi rassegnavo a lasciare quelle voci nel cassetto, ho deciso di condensarle nella sola Frida. Un’opera quindi che deve molto alle suggestioni della musica e alle atmosfere che note e melodie possono riprodurre. Un’opera che cerca di fare di queste suggestioni la chiave di lettura con cui accostarsi al testo.

Alla fine emerge una figura di Frida non ben definita, con molti lati oscuri e inesplorati (e questa è di fatto la controindicazione più evidente della scrittura di Cacucci), ma con la quale riusciamo a immedesimarci e a condividere alcune esperienze di fondo, che ci rendono più attenti alle sue aspirazioni di donna e alle deludenti frustrazioni.

Non è la prima volta che l’autore si cimenta con personaggi femminili di particolare interesse e di provenienza messicana. Forse la storia travagliata di quel paese, forse l’atmosfera rivoluzionaria e ribelle in cui si muovono le protagoniste dei suoi romanzi, forse il legame profondo con l’arte che colora le narrazioni di una sfumatura evocativa e surreale, sono le motivazioni che lo spingono a trattare questi soggetti del tutto originali. E sono anche le prospettive dalle quali leggere il testo e addentrarci nella realtà in esso dipinta. Una realtà chiara e forte, ma allo stesso tempo scomoda. Proprio come i quadri di Frida.


da Giovanni Frulla