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Bufera Wikileaks su diplomazie internazionali: il sito diffonde 250.000 documenti riservati

"Berlusconi è stanco per party e lunghe nottate", "Gheddafi usa il botox ed è ipocondriaco", "Medvedev è sottomesso a Putin, il loro rapporto è alla 'Robin rispetto a Batman'", "Il dittatore della Corea del Nord Kim Jong-il è flaccido e malato", "la Russia è uno stato in mano alla mafia", ma anche: "è stata la Cina a gennaio 2010 ad attaccare Google", "lo Yemen coprì un attacco Usa a cellula Al Qaeda", "Paesi Arabi volevano fare guerra all'Iran grazie ad un intervento militare Usa". Sono queste le rivelazioni fatte da Wikileaks attraverso la stampa internazionale.
Wikileaks, il sito internet che diffonde documenti riservati su "comportamenti non etici di governi e aziende", l'ha fatta davvero grossa, mettendo in serio imbarazzo le diplomazie e i governi di tutto il mondo e aprendo decisamente una nuova era dell'informazione via internet. Dopo la massiccia diffusione, non solo attraverso il sito ufficiale dell'organizzazione, che nel pomeriggio di ieri ha subito un attacco informatico, ma anche attraverso i più importanti giornali internazionali, che dal tardo pomeriggio di domenica 28 novembre hanno iniziato a pubblicare sui propri siti internet le informazioni riservate del governo Usa, niente, è stato detto, sarà più come prima per l'informazione on-line.
Mentre il Premier Berlusconi sembra non preoccuparsi più di tanto delle rivelazioni di quello che pensano su di lui i funzionari governativi Usa: "Incapace, vanitoso e inefficace come leader europeo moderno", "...è il portavoce di Putin in Europa", tanto che, secondo quanto si è appreso, ci si è fatto sopra una risata; non la pensano allo stesso modo negli Stati Uniti, dove una Casa Bianca allarmata e indignata, dopo aver già condannato la diffusione dei documenti che comprometterebbe le relazioni internazionali e metterebbe in pericolo la vita di molte persone, dichiara che si tratta di informazioni "candide", spesso incomplete e che non costituiscono "l'espressione di una politica".
"Questi documenti possono includere nomi di individui che vivono e lavorano in molti casi sotto regimi oppressivi e cercare di creare società più aperte e libere. Il presidente Obama sostiene un governo responsabile e aperto, ma questa sconsiderata e pericolosa azione va contro questo obiettivo. Diffondendo documenti rubati e segreti, Wikileaks mette a rischio non solo la causa dei diritti umani ma anche le vite e il lavoro di molte persone", fanno sapere dalla Presidenza Usa.
Tuttavia al di là dei pettegolezzi, ci sono anche notizie più serie e che destano allarme, come quelle che riguardano i delicati rapporti tra Stati Uniti e Medio Oriente. La "questione Iran", ad esempio, domina buona parte dei documenti segreti rivelati da Wikileaks. Negli ultimi anni la necessità di bloccare gli sforzi di Teheran di dotarsi di un potenziale nucleare è un tema ricorrente nei colloqui segreti dei diplomatici statunitensi non solo in Israele, ma anche in Arabia Saudita, in Egitto, nel Golfo. Uno dei documenti più interessanti, in proposito, riguarda il ministro israeliano della difesa Ehud Barak che nel maggio 2009 stimava che al mondo restavano "fra sei e 18 mesi" per impedire all’Iran di dotarsi di un potenziale nucleare. E dopo quella scadenza? La sensazione del ministro, avrebbe scritto l’ambasciatore Usa in Israele James Cunningham, è che in seguito "ogni soluzione militare (nei confronti dell’Iran, ndr) comporterebbe danni collaterali inaccettabili". I documenti confermano che Israele aveva fiutato il pericolo fra i primi al mondo: già nel 2005 il premier Ariel Sharon vedeva nei programmi nucleari iraniani il principale pericolo strategico per Israele. Nel 2007, a colloquio con il sottosegretario di Stato Nick Burns, il capo del Mossad Meir Dagan aveva discusso i cinque "pilastri" necessari per fermare Teheran: un cocktail di misure politiche (ad esempio: all’Onu), economiche (mediante sanzioni), militari (rimaste segrete anche nel documento) ed insurrezionali. Fra queste, il tentativo di destabilizzare il regime degli ayatollah sostenendo le forze democratiche, il movimento studentesco e le minoranze etniche. Nel novembre 2009 i dirigenti israeliani mandarono a dire a Barack Obama che i suoi tentativi di cercare un soluzione negoziata per fermare gli sforzi nucleari iraniani erano destinati a fallire. Avvertivano gli esperti israeliani: "gli Iraniani cercano solo di guadagnare tempo". Il senso di allarme sembra avere un carattere regionale. Anche il re Hamad del Bahrein (un Paese che ospita una base della Quinta flotta americana) affermò con forza che i programmi iraniani "devono essere fermati. I pericoli che deriverebbero dal tentativo di fermarli sono minori di quelli che dovremmo affrontare se lasciassimo fare", avvertì. Gli avrebbe fatto eco re Abdullah dell’Arabia Saudita che incitava gli Stati Uniti a colpire l’Iran. "La testa del serpente va schiacciata", disse agli emissari americani.
Non meno scottanti per gli Usa, sono i file che testimoniano come Washington abbia ordinato di spiare i vertici delle Nazioni Unite, a cominciare dal segretario generale Ban Ki-moon. La direttiva "classificata" fu spedita a 30 ambasciate a nome del Segretario di stato, Hillary Clinton, e chiedeva la raccolta di dati personali sui rappresentanti del Consiglio di sicurezza, anche quelli occidentali, ma anche sottosegretari, consiglieri e collaboratori. Informazioni a tutto campo, comprese le password usate, le chiavi in codice usate per comunicare e anche i dati biometrici.
I giornali che hanno diffuso i file di Wikileaks sono El Pais, Le Monde, il Guardian, il New York Times e Der Spiegel, di cui già nel pomeriggio di domenica è stata diffusa on line la copertina dell'edizione di lunedì 29 novembre, con l'aniticpazione di alcune indiscrezioni riguardanti le "etichette" affibbiate dai funzionari Usa ai leader del mondo: Mahmud Ahmadinejad, “questo è Hitler”, il colonnello Muammar Gheddafi, “procaci biondine come infermiere”, il presidente afghano Karzai, “spinto dalla paranoia”, la cancelliera Angela Merkel, "evita i rischi, raramente è creativa", il presidente francese Sarkozy , “imperatore senza vestiti”, e ultimo il premier italiano Silvio Berlusconi, “Feste selvagge” (“Wild Parties”).
Per la giornata di oggi si attendono ulteriori sviluppi.
La copertina dell'edizione del 29 novembre 2010 del settimanale tedesco Der Spiegel. Al centro la scritta: “Enthullt” (Rivelato)

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