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25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne: vittime una su cinque

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Una donna su cinque nel mondo è vittima di violenza o di un tentativo di violenza nella sua vita, uno dei più grandi ostacoli al raggiungimento della piena uguaglianza delle donne nel mondo. In Italia sono oltre sei milioni le donne che hanno subito violenza fisica e sessuale; in media ogni anno 100 donne vengono uccise dal marito, dal fidanzato o da un ex compagno. A sottolinearlo, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon.

La “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne”, voluta dall'assemblea generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare su questa piaga sociale, ricorre il 25 novembre in cui i militanti a favore dei diritti delle donne scendono in campo per arginare questo fenomeno. Giornata scelta in ricordo del massacro di tre sorelle Mirabal – Patria, Minerva e Maria Teresa, nella Repubblica Domenicana durante il regime di Trujillo -impegnate da sempre a denunciare gli abusi, i soprusi e le violenze sulle donne.

La violenza sulle donne, ha ricordato inoltre Ban Ki-Moon, si manifesta sotto diverse forme. “Sono aumentate le violenze ma anche la consapevolezza della donna che ora sente di volersi liberare dalla violenza, anche e soprattutto per rispetto dei figli. Vivere in un ambiente violento per i ragazzi significa assorbire quella cultura che li porterà ad essere a loro volta violenti. Quindi una donna oltre che pensare a se stessa deve pensare ai propri figli e a come educarli in un ambiente disagiato. C’è tanta strada da fare - evidenzia Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente di Telefono Rosa- e penso che la via da intraprendere la dobbiamo fare con i giovani: educarli alla non violenza e al rispetto dell’altro; riuscire a fare passare il concetto che noi siamo persone – uomini e donne – che devono convivere con gli stessi diritti e gli stessi doveri. È una questione culturale, quindi solo col tempo riusciremo a estirpare questo male. E, soprattutto, qui in Italia non abbiamo ancora la coscienza che bisogna lavorare anche sul violento, perché noi dobbiamo capire perché questa persona è violenta, aiutarla ad uscire fuori da questo cerchio, perché altrimenti – credo – che la violenza non la estirperemo mai!”.



di Sudani Scarpini
redazione@viveremarche.it






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