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Egitto: la polizia sgombera i presidi pro-Morsi, centinaia di vittime

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Sono centinaia le persone che hanno perso la vita al Cairo negli scontri tra i sostenitori di Morsi e la polizia, dopo che quest'ultima era intervenuta in forze per sgomberare i sit-in dei manifestanti.

Preceduta dal lancio dei lacrimogeni, la polizia egiziana ha fatto irruzione all'alba di mercoledì nei due campi principali di piazza al-Nahda e di piazza Rabaa al-Adawiyah. Ma gli scontri sono andati avanti anche dopo le operazioni di sgombero delle tendopoli, con le forze di sicurezza che hanno aperto il fuoco contro i manifestanti.

Impossibile un bilancio delle vittime: le cifre ufficiali divulgate dal Ministero della Salute parlano di 525 morti, di cui circa 400 civili, e migliaia di feriti. Secondo i Fratelli Musulmani le vittime sarebbero oltre 4mila. Negli scontri sono rimasti uccisi anche quattro reporter: Mick Dean, 62 anni, cameramen di Sky News, Habiba Ahmed, 26 anni, della Revue Express Dubai, Ahmed Abdel Gawad, del quotidiano filo-governativo al Akhbar, e Mosaab el Shami, fotografo del sito Rasd.

Morti e feriti si registrano anche nelle province di Beheira e Daqahiliya, Suez, Luxor e Alessandria. I Fratelli Musulmani hanno chiesto alla popolazione di scendere in piazza "contro il massacro", e gruppi di manifestanti si stanno organizzando in tutto il paese. Il governo, per "ragioni di sicurezza", ha bloccato il traffico ferroviario da e per il Cairo, per evitare ulteriori raduni manifestanti. Ed ha dichiarato lo stato di emergenza per tutta la durata del mese.

In alcune città gli islamisti hanno assaltato e dato alle fiamme le chiese copte: è successo a Minya, 150 km a nord della capitale, a Suez e a Sohag, nel sud del paese. Intanto dopo le violenze si è dimesso il vice presidente ad interim Mohammed El Baradei, leader delle forze laiche che si opponevano al goveno dei Fratelli Musulmani.