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Roma: HIV, Workshop Economia e Farmaci amplia esperienze in terza area terapeutica

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Dopo il successo delle edizioni WEF che hanno analizzato le epatiti virali e le malattie infiammatorie croniche intestinali con l’approccio multidisciplinare dell’Health Technology Assessment, il gruppo di lavoro ha deciso di espandere il proprio approccio anche nell’HIV.

Si è concluso ieri il Primo Workshop di Economia e Farmaci per l’HIV (WEF-HIV 2014).

I responsabili scientifici dell’evento, Americo Cicchetti, professore Ordinario di Organizzazione Aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, e Giampiero Carosi, professore Emerito di Malattie Infettive dell’Università degli Studi di Brescia, hanno applicato l’approccio multidisciplinare e multistakeholder iniziato nel 2011 in ambito epatologico anche all’area dell’HIV.

“Innanzitutto va considerato che nel campo della patologia HIV/AIDS lo scenario epidemiologico è mutato e nuove sfide si affacciano. Due sono gli elementi caratterizzanti della ‘nuova epidemiologia’ - ci dice il professore Giampiero Carosi – il viraggio del fattore di rischio prevalente che è oggi anche in italia rappresentato dalla etero-omosessualità promiscua (rispetto alla tossicodipendenza e.v.prevalente negli anni ‘80 e ‘90) e la crescente presenza dei migranti, che oggi integrano il 20-25% delle nuove diagnosi”.

Per quanto concerne la terapia a partire dal 1996, anno di svolta per l’introduzione della “triplice terapia” altamente efficace (HAART), l’armamentario terapeutico a disposizione dei clinici si è arricchito clamorosamente. Oggi disponiamo di oltre 25 nuovi farmaci, distribuiti in 6 classi con differenti meccanismi d’azione, più sicuri ed efficaci che, usati in combinazione, hanno mutato l’infezione da HIV da infezione fatalmente letale quale era ad infezione cronica gestibile, che consente una sopravvivenza pressoché normale.

Tale rapida evoluzione di impiego dei farmaci e dei regimi viene presa in considerazione nell’ambito dello Workshop, operando un’analisi critica delle Linee-Guida di terapia antiretrovirale (ART) in raffronto con le Linee-Guida internazionali.

In particolare il discorso sulle Linee-Guida si è focalizzato sul concetto di semplificazione, “schematica” e “gestionale”, tema di estremo interesse in quanto – ci dice il Professore Roberto Cauda –“ una terapia che, ad oggi, è da considerarsi “per tutta la vita” deve prevedere una fase intensiva “di attacco” e una più semplice “di mantenimento” una volta ottenuta la soppressione della replicazione del virus”.

Verranno considerati nuovi approcci sperimentali, sempre più patient-oriented, ossia “mirati” in funzione di un paziente che va incontro a una serie di patologie dell’invecchiamento (e relative terapie) e che necessita di riduzione del carico di ART in termini sia di numero di farmaci (mono-biterapie) sia di numero di compresse. E’ questo il vantaggio offerto dalle fixed dose combinations o FDC e dai cosidetti single tablet regimens o STR (tutto il regime in una sola compressa da assumere una sola volta al giorno).

Problemi peculiari della situazione epidemiologica nazionale sono inoltre legati alla maggiore prevalenza di soggetti con coinfezione HIV/HCV. “Questo pone tra gli altri un problema che sarà di importanza crescente nei prossimi anni: le interazioni fra farmaci antiretrovirali (ARV) e antivirali diretti (DAA) anti epatite” – ci dice il professore Pierluigi Navarra -.

Particolare attenzione è stata dedicata al confronto tra dati derivanti dai clinical trial e dati di studi osservazionali condotti nella real practice. In Italia è attivo dal 1997 il progetto MASTER (Standardized Management of Antiretroviral Therapy), nato dalla collaborazione spontanea di alcuni Centri di Malattie Infettive operanti su tutto il territorio nazionale.

Il progetto MASTER raggruppa alcune fra le principali coorti italiane di pazienti HIV-positivi nell’obiettivo di valutare l’impatto delle diverse strategie di impiego “cronico” di regimi antiretrovirali sull’outcome viro-immunologico e sulla mortalità e morbilità della popolazione HIV positiva italiana, valutando nel contempo l’emergenza di eventuali tossicità. “La forza dei dati osservazionali è data dall’impiego sul terreno e dall’elevata numerosità dei soggetti arruolati e rappresenta una integrazione essenziale degli studi clinici randomizzati controllati” ci dice il dottor Torti.


Certo è che il punto sulla situazione diviene ancora più complesso da analizzare se si considera l’ampia eterogeneità organizzativo-gestionale che si è venuta a creare nelle diverse Regioni italiane: benché il filo conduttore sia e debba essere lo stesso, dettato dalle Linee-Guida, ciascuna realtà regionale ha adottato approcci e PDTA anche sensibilmente diversi, che possono anche condurre a difformità di accesso alle cure lungo la penisola.


È infine stato trattato l’importante tema della sostenibilità economica del sistema, nell’ottica della valutazione dei diversi regimi terapeutici disponibili e dei differenti PDTA applicati, con l’intento di proporre un modello organizzativo unico a livello nazionale e sostenibile sia economicamente sia dal punto di vista gestionale, avendo per riferimento primario il vantaggio del paziente.

In tale filone tematico, è stata doverosa l’analisi dell’impatto dei farmaci generici o equivalenti nell’area terapeutica dell’HIV, che verrà condotta attraverso il confronto tra i diversi stakeholder di sistema sull’effettivo loro impatto in termini di sostenibilità dei costi.

A questi temi sono state dedicate Tavole Rotonde ad hoc che hanno messo l’accento sulla valutazione HTA di budget impact.

“La sostenibilità è infatti un aspetto la cui importanza è del tutto evidente – ci dice ancora il Professore Carosi – se considerata in rapporto alla patologia da HIV, dove il numero dei nuovi pazienti è in continua costante crescita e la terapia, che è soppressiva e non eradicante, deve essere life-long e dove nuovi, più costosi farmaci, si oropongono all’impiego clinico”.



da Alfonso Aloisi






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