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Diario dalla Catalogna: analisi del voto

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Domenica si sono tenute le elezioni generali in Spagna. Com’è noto, il Partito Socialista ha vinto ma sarà molto difficile ottenere maggioranze parlamentari perché gli mancano gli alleati. Infatti, al massimo potrà contare sulla sinistra di Podemos, ma non è sufficiente.

Hanno bisogno dei partiti indipendentisti catalani, ma questi hanno già fatto sapere che voterebbero Pedro Sánchez solo in cambio di richieste che non saranno accettate: la liberazione dei prigionieri politici e il permesso di attuare un referendum di autodeterminazione.

Se analizziamo il risultato delle elezioni spagnole in Catalogna quello che è più evidente, a parte la vittoria di ERC (la sinistra indipendentista), è l’avanzamento dei partiti indipendentisti. L’insieme dei tre partiti indipendentisti ha raggiunto 23 dei 48 seggi che spettano alla Catalogna ed il 42,59 % del voti, mentre lo scorso aprile ha raggiunto il 39,43 % del voti e nel non tanto lontano 2015 il 31,07 %.

È vero, effettivamente il 42,59 % non rappresenta la maggioranza assoluta, ma per analizzare questi risultati si devono considerare diversi fattori.

Primo, il cosiddetto «voto duale», molto caratterizzante della società catalana. In Catalogna, una parte importante dell'elettorato cambia il voto a seconda che le elezioni siano catalane o spagnole. Vale a dire che, quando le elezioni riguardano il parlamento catalano, i partiti catalani ottengono più voti di quando le elezioni riguardano il parlamento spagnolo. Questo si spiega per il cosiddetto «voto utile» o «voto della paura», che spinge alcuni elettori che solitamente votano indipendentista al parlamento catalano a votare partiti della sinistra spagnola anti-indipendentisti al parlamento di Madrid per paura di una vittoria della destra spagnola. Questo è un fenomeno che si ripete ma che a ogni elezione ha meno rilevanza.

Secondo, non tutti i partiti non indipendentisti sono contro l'indipendenza. Podemos in Catalogna non ha una posizione definita, ma è favorevole alla attuazione di un referendum. I partiti chiaramente anti-indipendentisti hanno ottenuto il 34,02 % dei voti, una cifra chiaramente inferiore a quella degli indipendentisti.

Terzo, l’aumento dei voti alla coalizione indipendentista, nelle elezione spagnole, è una costante che non si ferma: come si è visto, in solo sei mesi è aumentato del 3%. Dobbiamo tener presente che, ad esempio nel 2000, i partiti indipendentisti avevano soltanto il 5,71 % dei voti.

Quarto, al 43% dagli elettori catalani non interessa assolutamente nulla di chi vinca le elezioni in Spagna. Si sono già staccati mentalmente della Spagna e vogliono solo essere cittadini di una Repubblica Catalana libera.

Quinto, le minacce costanti, l’esilio, le detenzione arbitrarie ed i 28 indipendentisti che sono nelle prigioni spagnole, non intimidiscono gli indipendentisti che seguono il loro cammino fino la libertà.

Con queste premesse è molto probabile che, quando ci saranno le elezioni al Parlamento della Catalogna, i partiti indipendentisti supereranno il 50% dei voti.

Comunque, come hanno detto tutti i politici spagnoli, questo, purtroppo, non cambierà nulla. Secondo loro, il diritto all’autodeterminazione dei popoli, almeno quello Catalano, non esiste.

Ma nonostante questa chiusura del governo spagnolo, gli indipendentisti, il giorno dopo le elezioni, hanno continuato le azioni di protesta.

Lunedì scorso la comunicazione fra la Francia e la Catalogna è stata bloccata da mille di persone convocate da l’organizzazione Tsunami Democràtic. L’azione durerà tre giorni, e molti passeranno la notte in strada.

Lo scopo della protesta è rivolgersi all’Europa e dire: "Se non ci ascoltate non entrerete al nostro paese".

Ma l’Europa tace.





da Harold Roig Gorina
Catalogna






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