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Corinaldo: Un anno fa la strage della Lanterna Azzurra, da allora niente è come prima

“La strage di Corinaldo non doveva accadere”. E' il sentimento che accomuna i familiari delle vittime, a vario titolo, della tragedia della Lanterna Azzurra, dove nella notte tra il 7 e l'8 dicembre, sono morti cinque ragazzini tra i 14 e i 17 anni e una mamma di 39 anni. In centinaia sono rimasti feriti e moltissimi portano ancora oggi i segni, soprattutto psicologici. Come M., oggi 16enne, che alla Lanterna Azzurra c'era andata insieme alle amiche per la festa di istituto.
“Penso che se mi sono salvata è solo per un caso, forse un miracolo. Quando tutti fuggivano io ho preso l'uscita giusta perchè era la prima che ho visto e sono arrivata nel piazzale. Se fossi scappata da un'altra parte forse non sarei qui”. E al dolore si aggiunge la rabbia perchè una discoteca lì non doveva starci. “La tragedia di Corinaldo non si è originata solo per questioni di sicurezza, l'origine va individuata ancora prima, ossia nel fatto che, come emerso dalle indagini, la Lanterna Azzurra non era un edificio che poteva essere adibito a discoteca -afferma l'avvocato Corrado Canafoglia, legale del Comitato “Giustizia per le vittime della Lanterna Azzurra”- questo fa rabbrividire e arrabbiare. Lì dentro sono morti cinque ragazzi e una mamma, centinaia di ragazzi sono rimasti feriti e ancora oggi decine e decine di ragazzini, anche giovanissimi, non riescono a superare quello shock. Li incontro, parlo con le loro famiglie. Molti di loro accusano ancora stati di ansia e paure, altri stanno voltando pagina e purtroppo c'è anche chi, dopo un anno, non riesce ancora a parlare della Lanterna Azzurra”. Accanto al dolore c'è anche sete di giustizia, che non potrà mai cancellare ciò che è stato, ma che almeno può fare chiarezza su tante domande ancora senza risposta.
“In molti mi chiedono perchè ancora non sia cominciato il processo -prosegue Canafoglia- in realtà la situazione è molto complessa e le indagini proseguono su tre filoni: sulle responsabilità di chi ha organizzato, di chi ha rilasciato i permessi e poi sulla banda che ha spruzzato lo spray al peperoncino. Sono stati sentiti dalla Procura centinaia di ragazzi, molti dei quali minorenni, ci sono state moltissime perizie, tantissima documentazione d assemblare. La Procura sta svolgendo un lavoro enorme e quando si aprirà il processo non sarà facile perchè ci sarà un rimpallo delle responsabilità tra i vari imputati”. La tragedia di Corinaldo ha avuto però ripercussioni anche nell'applicazione delle leggi provocando un effetto preoccupante sui giovani, che ora si allontanato dal territorio per le serate di divertimento.
“La sicurezza è fondamentale per poter svolgere attività da ballo e non solo e la strage di Corinaldo ha provocato un giro di vite nell'applicazione della normativa vigente che però si è concentrata solo nel nostro territorio e con ricadute orizzontali, senza valutare coso per caso -evidenzia Canafoglia- in questo modo non si è andato ad aumentare la sicurezza ma bensì si è facilitato il controllo della sicurezza, che è cosa ben diversa. Le attività del territorio non sono riuscite più a lavorare ed organizzare eventi e il risultato è stato che i ragazzi se ne vanno in altre località, da Fano a Rimini e Riccione come a Porto Recanati, dove la normativa è applicata in modo diverso. La verità è che per ogni attività va creato una sorta di vestito su misura”.

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