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Diario dalla Catalogna: il presidente in esilio Puigdemont, torna in terra catalana ma non in Spagna

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Due anni fa, dopo essere rimasto chiuso quindici giorni in una prigione tedesca in attesa della decisione di concedere o meno l'estradizione in Spagna, il presidente catalano i esilio, Carles Puigdemont, ha tenuto una conferenza stampa prima di lasciare la Germania e ritornare in Belgio. In quell'occasione un giornalista gli ha chiesto quanti anni avrebbe dovuto aspettare per mettere di nuovo i piedi in territorio spagnolo. La risposta di Puigdemont è stata: “Non so se metterò mai più i piedi in territorio spagnolo, ma sono sicuro che andrò in Catalogna molto prima di quello che molti immaginino”.

Quanto detto da Puigdemont si è rivelato vero. Sabato Puigdemont ha messo i piedi in territorio catalano. Ma questo territorio catalano non appartiene allo stato spagnolo, bensì allo stato francese.

Il 1650 la Spagna “regalò” una parte della catalogna, quella del nord, alla Francia. Dopo 370 anni questo territorio, chiamato Catalogna nord, ha accolto il presidente legittimo della Catalogna del sud, perché fra catalani del nord e del sud c’è una solidarietà che una frontiera artificiale non ha potuto né potrà mai fare sparire.

Il sindaco di Perpignano, la capitale della Catalogna nord e altre autorità della regione hanno ricevuto Puigdemont come un ospite d'onore. Il Governo spagnolo ha osservato tutto questo con malcelata rabbia, vedendo come la Francia ha rispettato le leggi europee che riconoscono l'immunità a Puigdemont in qualità di eurodeputato.

Il motivo del viaggio di Puigdemont è stato duplice. Il primo: ringraziare al popolo della Catalogna nord per tutto quello che ha fatto per aiutare ai suoi fratelli del sud quando organizzavano il referendum di autodeterminazione del primo ottobre di 2017. Infatti, le 120.000 urne necessarie per svolgere il referendum e che la polizia spagnola cercò in vanno per settimane, sono state nascoste in un paesino della catalogna nord molto vicino alla frontiera e trasportate in segreto da cento di volontari la notte prima del referendum, con auto private. Questi volontari avevano l'ordine rigoroso del governo catalano di non rivelare dove erano nascoste le urne, nemmeno alla moglie o al marito; assolutamente a nessuno. Mai un segreto conosciuto da tanti è stato così ben custodito. Nessuno lo ha rivelato ed il referendum si è potuto svolgere ed è stato un successo. Senza la gente della Catalogna Nord che ha aiutato ai suoi fratelli del sud a nascondere le urne non sarebbe stato possibile il referendum. E Puigdemont voleva ringraziarla.

Il secondo: Puigdemont ha voluto ritrovarsi col suo popolo dando un segno visibile allo stato spagnolo e all’Europa che la lotta continua, che gli indipendentisti catalani non si stancheranno finché non gli sia riconosciuto il diritto di autodeterminazione, come è stato riconosciuto agli scozzesi o agli abitanti del Québec.

Duecentomila catalani del sud sono andati all’incontro con Puigdemont in un incontro all’aria aperta, all’altro lato della frontiera, con mille e mille di macchine private e 600 pullman. Puigdemont ha invitato i catalani ad essere pronti per la lotta finale e a resistere senza paura alla repressione dello stato spagnolo. Oltre al presidente hanno anche parlato ex ministri di Puigdemont ora in esilio ed altre persone che sono state costrette all’esilio o al carcere.

Per impedire un afflusso maggiore di gente lo stato spagnolo ha messo dei controlli di polizia alla frontiera che hanno provocato un gran tappo e code chilometriche sull’autostrada, ed hanno fatto in modo che 172 pullman e innumerevoli macchine private non siano riuscite ad arrivare all'appuntamento costringendole a girare e ritornare senza poter partecipare.

Nei prossimi mesi ci saranno nuove elezioni in Catalogna e se Puigdemont deciderà di candidarsi come capolista del suo partito non è difficile indovinare chi vincerà. Cosa farà il governo spagnolo? La risposta non è neanche difficile di indovinare: niente.

El’Europa, come al solito, tace.