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Papa Francesco in preghiera nella vuota piazza San Pietro

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"Fitte tenebre si sono addensate, scenda la benedizione di Dio".

A pochi passi dal cancello centrale della basilica vaticana tenuto completamente aperto, davanti a una piazza San Pietro deserta, Francesco è in piedi in silenzio, dietro di sé l’immagine della Salus Populi Romani e il Crocifisso di San Marcello, rispettivamente l'icona bizantina di Maria conservata in Santa Maria Maggiore e il crocifisso oggetto della venerazione dei romani che nel 1500 una tradizione narra salvò la città dalla peste. Più sotto sei candelabri illuminano il sagrato silente, in questo venerdì trasformato dal vescovo di Roma in un momento di preghiera nel tempo della pandemia da coronavirus. Le televisioni di tutto il mondo sono collegate in diretta, per un evento che non ha precedenti. “Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti”, dice il Papa. E ancora, “tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda”. Tutti come i discepoli ripetiamo che “siamo perduti”. Anche noi “ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”.
Francesco ricorda la mancanza di fede dei discepoli nel pieno della tempesta, ma anche la fiducia in Gesù. La tempesta smaschera la vulnerabilità e “lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità”. La tempesta “pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità”. Con la tempesta, ancora, “è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri ‘ego’ sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli”.



di Edoardo Diamantini
www.vivere.news



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