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Davanti Montecitorio, con la solidarietà dei parlamentari, la Comunità armena in Italia dice stop alla guerra per il Nagorno-Karabakh

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A Roma, davanti a Montecitorio, i rappresentanti nazionali e locali della Comunità armena in Italia hanno organizzato – con la partecipazione anche di molti cittadini italiani - una manifestazione a sostegno dell'Armenia nel conflitto contro l'Azerbaigian che è in atto, dal 27 settembre, nel Nagorno-Karabakh.

Il Nagorno-Karabakh è una regione, in gran parte montagnosa, abitata per piu del 90% da armeni, cristiani, confinante ad occidente con l’Armenia e ad oriente con l’Azerbaigian, rimasto per molti decenni parte integrante della Repubblica sovietica dell’Azerbaigian, di religione musulmana. Quando quest’ultimo, ad agosto 1991, si dichiarò indipendente dall’agonizzante URSS, il Nagorno (o meglio, l’Artsakh, secondo il nome originario) non volle seguire Baku’, proclamando la sua indipendenza. Indipendenza che, subito riconosciuta dall’Armenia, non è mai stata accettata dall’ Azerbaigian nè, soprattutto, a livello internazionale: da allora, i rapporti tra Armenia e Azerbaigian restano tesi proprio per la questione dell’Artsakh, con periodici focolai di guerra (nel ‘92-’94, ad aprile 2016, sino al luglio e al settembre di quest’anno).

Alle istituzioni italiane e, in primo luogo, al Parlamento e al governo, i manifestanti hanno chiesto di “promuovere, anzitutto, ogni azione possibile per il ristabilimento della pace nel Caucaso meridionale; condannare l'intervento militare di terze parti nel conflitto; non abbandonare il popolo armeno a un destino che evoca le dolorose pagine di storia già vissute 105 anni fa (col “Medz Yegern”, il genocidio degli armeni viventi nell’ Impero ottomano deciso da Istambul nel “1915 e dintorni, N.d.R.); tutelare gli interessi nazionali italiani impedendo che la guerra arrivi a interessare anche le pipe line che portano petrolio in Italia dal Mar Caspio (l’ Azerbaigian ha accusato ultimamente l’Armenia di aver colpito proprio questi oleodotti, N.d.R.). Infine, “lanciare un monito alle leadership locali affinché il dialogo con l’Italia e l’Unione Europea sia basato sul rispetto dei diritti umani, sulla libertà di parola e di stampa”.

L’Armenia, intanto, ha respinto – con una dichiarazione all’Adnkronos, ripresa anche dalla testata specialistica “K metro 0.it”, dell’ambasciatrice a Roma, Tsovinar Hambardumyan - le accuse “infondate” arrivate da Baku, all’indomani dell’entrata in vigore della tregua umanitaria conclusa a Mosca, grazie alla mediazione russa, il 10 ottobre: secondo cui ci sarebbero stati attacchi armeni a Ganja, seconda città dell’Azerbaigian, e altre località, con diverse vittime tra i civili.

“Vogliamo precisare anzitutto che siamo per la cessazione di ogni attività bellica: come del resto proposto, in questi giorni, da Russia, USA, Francia, Gran Bretagna”, sottolinea Yeva Gabrielyan, rappresentante dei giovani armeni di Roma. ”E siamo non per l’annessione dell’Artsakh all’Armenia, ma per la sua piena indipendenza; mentre l’ Azerbaigian vorrebbe la piena sovranità su un Artsakh liberato dagli armeni”.

Accuse forti; ma del resto, ha ricordato ancora l’ambasciatrice armena a Roma, basta rileggere le “dichiarazioni del presidente azero Ilham Aliev e del suo alleato, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Il presidente Aliev in passato ha sempre dichiarato apertamente la sua intenzione di risolvere la questione del Nagorno Karabakh militarmente. Ed è stato sempre Aliyev ad affermare, anche ora, di non avere intenzione di fermare l’offensiva, e ad avanzare delle precondizioni per il cessate il fuoco umanitario”.

Alla manifestazione hanno aderito, uscendo da Montecitorio, senatori, deputati e eurodeputati di quasi tutti i partiti, dalla Lega al PD, da Fratelli d’Italia e Forza Italia ad Italia Viva; che hanno ribadito la necessità che l'Italia resti al fianco del popolo armeno, per difendere i valori democratici e cristiani di tutta l’Europa. “Vogliamo anche sentire la posizione del nostro governo, che come al solito è troppo silente”, ha precisato Paolo Formentini, deputato della Lega, membro della Commissione Esteri della Camera.

“Questa guerra – sottolinea il Prof. Vasco La Salvia, docente di Metodologie della Ricerca archeologica all’Università di Chieti - va fermata per la sua carica distruttiva nei confronti non solo dei civili, ma anche dei beni culturali. Non possiamo preoccuparci solo di Palmira o altri siti notissimi, dobbiamo farlo anche per le tante chiese cristiane, e i tanti siti archeologici, di valore inestimabile, che esistono nell’ Artsakh”.

“La manifestazione a Montecitorio- aggiunge l’avv. Giorgio Kevork Orfalian, importante rappresentante della comunità armena di Roma - è stata un successo inatteso, soprattutto per la presenza di importanti parlamentari italiani. Auspichiamo chel’Italia faccia veramente qualcosa per l’Armenia e il popolo armeno e dell’Artsakh. E vogliamo la pace, ma non alle condizioni dell’Azerbaigian, né della Turchia: che, direi, con le sue forti ingerenze in Siria, Libia, Mediterraneo Orientale (tensione con la Grecia)e, appunto, Artsakh, davvero sembra voler ricostituire l’ Impero ottomano”.