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Croci di vetta, il Cai apre il dibattito: stop a quelle nuove, sono divisive
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ROMA - Basta alle croci in montagna. Il Club alpino italiano (Cai) sul suo storico portale, Lo Scarpone, apre il dibattito sulle croci in vetta. Negli ultimi anni, si legge sul sito, "le croci svettanti sulle montagne sono state oggetto di dibattiti aperti, tra puristi della natura selvaggia e difensori di un marker della nostra geografia culturale" e "sarebbe forse più appropriato intendere le vette come un territorio neutro, capace di avvicinare culture magari distanti, ma dotate di uguale dignità".
Il tema è stato approfondito con la presentazione del volume di Ines Millesimi Croci di vetta in Appennino. Al convegno - a cui hanno partecipato Monsignor Melchor José Sànchez de Toca y Alameda (relatore del Dicastero delle Cause dei Santi), lo scrittore Marco Albino Ferrari in rappresentanza del CAI e il professore di diritto dell'Università Cattolica Marco Valentini - si è registrato "un punto di convergenza culturale, giuridico, storico e perfino religioso. Una prospettiva che ha trovato tra i presenti una larga concordanza sulla necessità di lasciare integre le croci esistenti, perché testimonianze significative di uno spaccato culturale, e allo stesso tempo di evitare l’istallazione di nuovi simboli sulle cime".
Perciò, conclude il Cai, "se da un lato sono inappropriate le campagne di rimozione, perché porterebbero alla cancellazione di una traccia del nostro percorso culturale, dall'altro si rivela anacronistico l'innalzamento di nuove croci e, più in generale, di nuovi e ingombranti simboli sulle cime alpine.
IL DIBATTITO ACCENDE LA POLITICA
“Le croci sulle vette non possono in alcun modo essere considerate un problema né per il dialogo interculturale né, tantomeno, per l’ambiente. La proposta del CAI di non apporne di nuove e, progressivamente, di rimuovere quelle esistenti è una mera provocazione ideologica. Una croce non può in alcun modo essere considerata divisiva: semmai lo è la stessa volontà di rimuoverla, calpestando e rinnegando i valori che essa rappresenta”. Ad affermarlo Paola Ambrogio, senatore di Fratelli d’Italia, che aggiunge: “Che siano state proprio le guide di Alagna a iniziare la rimozione delle croci in vetta è motivo di rammarico per il Piemonte. I valori della cristianità sono stati, sono e saranno alla base di questa società: una società inclusiva, aperta, rispettosa e caritatevole, ma che in alcun modo cancella la propria storia e i propri valori. Lancio pertanto un appello affinché la Regione Piemonte si faccia parte attiva nei confronti del CAI perché le croci tornino dov’erano e non ne vengano rimosse altre. Presenterò altresì un’interrogazione in Senato per chiedere al Ministero competente di vigilare sull’ennesimo slancio di perbenismo creativo”.
“Il CAI si è espresso sulle croci di vetta, affermando che sarebbe meglio evitarne l’installazione di nuove in quanto sarebbero simbolo divisivo e non più attuale. Ma scalare una montagna significa ancora oggi comprendere immediatamente che esiste qualcosa di superiore e ulteriore rispetto a noi". Così in un post sulla sua pagina facebook il deputato FdI Andrea Tremaglia, che spiega: "Ricordare con ‘Signore delle cime’ gli Alpini che sono andati avanti è forse offensivo per chi non crede nel Paradiso? La croce sulla vetta è segno di quello smarrimento incantato che ognuno può interpretare, religiosamente o meno, ma che sicuramente non è disturbato da una croce. Spiace che una realtà così importante come il Club Alpino ceda a una deriva culturale errata che, per una moda del presente, rischia di ignorare un legame eterno tra passato e futuro, custodito proprio dalle nostre amate montagne”.

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